Gabriella Greison: “In casa mia tutto parla di Samp”

foto6di Valentina Cristiani –

“Il sapore di un abbraccio. E’ un luogo dell’anima, più che una squadra di serie A. La Sampdoria di Montella è il lumicino acceso quando passi una notte insonne e cerchi conforto in qualche faccia amica, prima di andare a dormire all’alba. La Sampdoria di Montella è la speranza. La Sampdoria di Montella è qualcosa che è lì, e può diventare ancora più bella. E lo sai, perché ti piacciono tutte le cose che la compongono, ti piace la parola Montella, ti piace la parola Sampdoria, e ti piace l’idea che un giorno possa salire ancora di più. La Sampdoria di Montella è un non-luogo, è un amore liquido, è una grande bottega artigianale. Niente a che vedere con il supermercato, e con i beni di largo consumo da scaffale che rappresentano le altre squadre. Qui noi, a Genova, non siamo gente da fast food. Basta guardare con quanta dedizione ci dedichiamo a far crescere le foglioline di basilico per poi farne pesto” – questa, la Samp dipinta da Gabriella Greison. Occhi verdi, capelli rossi, sguardo intenso e QI di 157; (alcune del)le sue peculiarità. Fisica, scrittrice e giornalista professionista, porta in scena il suo spettacolo teatrale chiamato “Monologo quantistico”. Colei che crede nell’unica fede che ha fatto sua, l’approccio scientifico ad ogni cosa della vita.

Vale anche per il calcio, Gabriella?

“Sì, ci ho creduto quando scrivevo di calcio. Ora non lo faccio più, ora mi occupo solo della mia passione più grande, quello relativo alla mia laurea, la fisica. E la racconto nei nuovi libri che pubblico, e nello spettavolo teatrale che porto in giro (si chiama “monologo quanstico”, racconto come è nata la fisica quantistica). Ma quando c’erano alcuni posti che mi facevano scrivere di calcio, o parlare di calcio, in una certa maniera, sì, l’ho fatto. Ho applicato il metodo scientifico pure in quello. E c’è qualcuno che l’ha capito, non tutti. D’altra parte oggi scrivono e parlano di calcio tutti, che è facile confondersi. Ma la mia laurea in fisica mi ha fatto stare al di fuori di tutto quello che si vede e si sente, e di questo ne vado molto fiera. In ambito calcistico, per avere un approccio scientifico bisogna guardare il rettangolo di gioco dalla luna, per non farsi tirare dentro dalle tante beghe che lo alimentano: è l’unica maniera per raccontarlo”.

fotogreison copiaIl calcio, ha una versione romantica?

“Certo, ce l’ha se gliela vuoi dare. La luce romantica che aleggia intorno al calcio è nelle piccole cose. Nei piccoli gesti. Non certo nelle prime pagine dei grandi giornali. Il lato romantico lo trovi, se lo vuoi trovare. Non è certo nelle trasmissioni televisive di regime, o negli opinionisti che si vedono in tv. Anche se ormai ci vuole ben poco a chi parla di calcio dire certe frasi ad effetto. Ma comunque non è la stessa cosa, se li ascolti bene. E se guardi da dove vengono”.

Vincenzo Montella con il suo calcio da stropicciarsi gli occhi…” , parole tratte dal suo libro ‘Le giacche degli allenatori’

“Si, lo penso ancora. Sia quando giocava, sia ora che allena. Ed è tra i pochi nel calcio che legge. Ora lo aspetto solo a un mio spettacolo, il “monologo quantistico”, chissà che la fisica quantistica gli dia la chiave di lettura giusta. D’altra parte, anche la fisica parla di strade da scegliere, di decisioni, di universi paralleli. E’ tutto una metafora, qualsiasi argomenti si tratti. Prima raccontavo tutto il calcio, adesso lo faccio con la fisica. E’ la stessa cosa. Contaminazioni, a me piacciono queste”.

MontellaNel libro, il potere magico delle giacche consente a Edo, protagonista della sua storia, di viaggiare nel tempo. Il bambino indossa la giacca di un allenatore e si ritrova esattamente nel luogo in cui il proprietario ha fatto qualcosa di memorabile. Entriamo in questo (magico) sogno, cosa si percepisce dalle “giacche” dei tecnici? 

“L’idea di questo libro sta nel fatto che ho capito che osservando le giacche degli allenatori del passato, è possibile, mettendole in sequenza, ricostruire la storia del calcio. Perché proprio guardando le giacche degli allenatori, puoi vedere il loro gioco. Solo dalle giacche. Quelle del passato, poi, avevano un fascino mostruoso, perché non erano fatte in serie dagli stilisti, ma erano giacche di loro proprietà. Infatti, si ricordano tutte. Ricordi quella di Zeman di pelle con il pelo sul collo, ricordo la giacchetta della tuta di Mazzone, ricordi il cappotto a quadri di Maestrelli, ricordi Ottavio Bianchi per la giacca, ricordi Capello e Ancelotti, ricordi tutti per la giacca. Gli allenatori hanno sempre avuto su di me un grande fascino, sono sempre stata attratta dal loro modo di parlare, di pensare, di dedicarsi ad un gruppo. E’ per questo che ho scritto “le giacche degli allenatori”, e ho creato il “museo delle giacche degli allenatori” (dal mio sito si accede facilmente, www.greisonAnatomy.com), per raccontarli tramite le loro giacche. E lo faccio attraverso gli occhi di un bambino, perché è da bambini che ci si innamora di loro. Gli allenatori devono essere al di fuori da tutto, per essere affascinanti ai miei occhi. Devono stare alla larga dai luoghi comuni, o dai malvezzi più diffusi nel mondo del calcio. Altrimenti, diventano come tutti gli altri. Montella è molto stiloso, molto charmant, nei suoi completi di buon taglio. Anche quello che dice non è mai banale, lo ascolto sempre con molta attenzione”.

“Un libro di sport può nascere da qualsiasi cosa” , i suoi da cosa nascono? 

“Nascevano da qualsiasi cosa, appunto. Un’azione, una frase, un personaggio, un’idea che prima non esisteva e dopo il libro esiste. Per dire: ho scritto di Londra, quando ci sono stata, perché mi piaceva l’idea di prendere la metropolitana e scendere in corrispondenza di tutte le fermate che avevano fuori uno stadio. E’ così che è nato “Prossima fermata Highbury”. Perché solo a Londra esistono 22 fermate della metro, che appartengono ai tifosi. E queste per me erano 22 racconti differenti. Poi un giorno ho incontrato Desmond Morris, gli ho raccontato del mio libro, e lui ci ha voluto scrivere la prefazione. Il grande Desmond Morris, il suo libro “la tribù del calcio” era sul mio comodino da piccola. Mi faceva sognare. E con i miei libri cerco di far sognare gli altri”.

greisonArrivati (quasi) al termine della stagione facciamo il punto sul campionato blucerchiato. Soddisfatti o rimborsati?

“A me piace molto Montella, sono soddisfatta. C’è stata una grande bagarre per certi arbitraggi. E c’è stata molta confusione per tutta la prima parte del campionato. E quindi la stagione è stata compromessa. Ma la squadra a me piace, e continuo a tifarla a prescindere dalla posizione in classifica. Sono di quelli che applaude sempre, alla fine di una partita. La Sampdoria è diversa da tutte le altre squadre della serie A, e sempre lo sarà. I colori della Samp sono unici, come i suoi tifosi. E quindi è difficile che ci facciamo prendere da certe questioni che non ci riguardano affatto…”

La Samp del presente, quella che verrà. La fisica può dirci qualcosa riguardo al futuro blucerchiato?

“La Samp di oggi è rappresentata dalle foglioline di basilico. Che stiamo facendo crescere con una pazienza che solo i genovesi hanno. Quella del futuro sarà il pesto. Il nostro pesto. Al basilico (quello ligure, con le foglioline piccole, non quello che trovi nelle altre regioni italiane, o anche più fuori) si dovranno aggiungere altri ingredienti. C’è chi lo preferisce con le patate, chi con i fagiolini, chi con i pinoli: le versioni del pesto che si possono fare sono tantissime, a seconda dei gusti. A me piace quello classico, quello che mi faceva mia nonna. E mi aspetto di vedere una Sampdoria così”.

Vialli MancioE quella del passato. Vialli, Mancini e la Samp: “E’ l’amicizia che fa gol”. Su “Il Fatto Quotidiano” l’anno scorso ha raccontato l’amicizia dei “gemelli del gol” ai tempi della Samp d’Oro

“Che belli che erano. Ho scritto quell’articolo con il cuore. Avevo proprio voglia di tornare indietro con loro negli anni, e farmi raccontare da loro di Mantovani e della loro Samp. Mi sono tolta una grande voglia. Forse è uno degli ultimi articoli che ho scritto sul calcio, deve pur voler dire qualcosa questo. Mi è rimasto in mente il trasporto che avevano sia Vialli, sia Mancini, mentre mi parlavano. Erano bellissimi, tutti e due! I racconti su Mantovani mi intrigano tantissimo. Erano gli anni in cui ero piccola, e in cui non avevo dubbi cosa tifare. L’umanità di quella squadra mi piaceva tanto. E il fatto che noi capivamo tutto. Niente era nascosto, niente era da interpretare. Non pensavi ai traffici o ai malvezzi. Era tutto genuino. A Genova questa parola ci piace molto”.

La Samp di quei tempi, la Samp di oggi. Quali le differenze, quali le assonanze?

“Le differenze sono mostruose, gli anni sono diversi. E’ come pensare di scrivere una lettera a mano ad un amico, invece di inviargli un sms. Non ci può essere un confronto. L’unica cosa che resta uguale sempre è la città. Sono pazza di Genova”.

Pazza delle sue origini, quindi…

“Ho casa a Genova fin da piccola, e seppur io sia cresciuta a Milano, per me Genova era il mio rifugio. Segreto. E ancora oggi lo è, anche se vivo a Roma. Ci vado spesso, e lì creo, immagino, sogno con maggior facilità di qualsiasi altro posto. Genova, la Liguria, è il mio mondo, è il luogo più caro che ho. Ho la residenza a Genova, e questa cosa mi fa sentire al sicuro. Come dire: mi può succedere di tutto, ma poi tanto torno lì”.

Alviero Chiorri…dove è sbocciato il suo amore per la Samp

“Sono tifosa blucerchiata, in casa ho di tutto, sciarpe, agendine, album, che ne ricordano i grandi fasti. Avevo una passione sfrenata da piccola per Alviero Chiorri, perché lui era insolito, era un marziano. E’ stato il primo a portare gli orecchini, e i capelli lunghi: prima di Maradona. E per questo mi ero invaghita di lui. Poi, da grande, l’ho conosciuto, e con lui ho scritto anche il mio primo libro. Si chiama “L’insostenibile leggerezza di Effenberg”: nel mio primo libro, datato 2002, c’è proprio Alviero Chiorri protagonista di tutta la trama. Anche se dal titolo non si direbbe. Lo so, è fuorviante”.

Parliamo di cose belle e curiose al contempo. Prima non c’era, adesso esiste. La sua soddisfazione più grande: il MONOLOGO QUANTISTICO che ha scritto ed interpreta in giro per l’Italia in teatri, aule magne e chiese sconsacrate. Qual è la sua peculiarità?

“Ho creato questo spettacolo teatrale con l’idea di raccontare le teste dei fisici che l’hanno creata, i loro caratteri, i loro tic, i loro difetti, le loro caratteristiche più intime. Parto da una foto, scattata nel 1927, a Bruxelles. Erano lì per il Congresso Solvay. E sono andata esattamente dove è stata scattata quella foto per ricostruire tutto di quei giorni. C’erano Albert Einstein, Marie Curie, Erwin Schrodinger, Paul Dirac, Niels Bohr, e poi Compton, Heinsenberg, Planck, Lorentz, e tanti altri. Erano 29 uomini in posa, 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel. Era il più grande ritrovo di cervelli che la storia ricordi. Einstein chiamava quei giorni “witches’ Sabbath”, il riposo delle streghe. E hanno fatto nascere la fisica quantistica. Il libro si trova su Amazon o in libreria. Mentre il mio spettacolo è itineramente, dal mio sito si capiscono le prossime date. Nel web sono “greison anatomy”, perché il mio cognome gioca bene con quella serie tv, anche se non ne ho mai visto neanche un episodio. Cercatemi nei social, o nel web (www.greisonanatomy.com). Così continuiamo a parlare”.

Schermata 04-2457495 alle 12.31.37Dulcis in fundo, chi è Gabriella Greison e cosa vorrebbe fare da grande?

“Io sono fisica, sono scrittrice e sono giornalista professionista. Ora mi sto dedicando con molta passione a mettere insieme tutte e tre queste mie cose. Ho lavorato in molti posti, e da altrettanti me ne sono andata, quando mi accorgevo di non avere più davanti una prateria dove poter correre. La domanda “cosa vorrei fare da grande” non mi è mai piaciuta, io sono quello che voglio essere; e divento quello che voglio diventare: ma tutto quello che faccio è una conquista. Ogni articolo che ho scritto, ogni libro che ho pubblicato è stata una formidabile conquista, che ho portato a casa con sudore. Niente mi è mai stato regalato, nessuno mi ha mai raccomandato, non ho parenti famosi, non ho strade che mi sono state aperte già da altri. Curo ogni dettaglio di quello che voglio fare da sola, tutto qui. Ho pubblicato una decina di libri, alcuni anche sul calcio. Ma poi ho cambiato rotta. Ho scritto con Giancarlo Giannini la sua autobiografia, e ho lavorato con lui un anno: è stata una svolta. Da lui, dal grande attore italiano, ho capito tante cose. Ora, il mio ultimo libro è uscito per la Hoepli, si chiama “Dove nasce la nuova fisica”, racconta del mio reportage a Bruxelles quando sono stata a lungo nella capitale belga per ricostruire i ritrovi dei fisici del XX secolo che si trovavano per creare idee, progetti, trovate che avrebbero poi cambiato l’umanità. E’ di questo che parlo oggi nel mio “monologo quantistico”, uno spettacolo teatrale che porto in giro per tutta Italia, e che sta diventando sempre più grande, visto il forte richiamo di pubblico che ha. La fisica piace a tutti, e io cerco di raccontarla in modo che tutti la capiscano. Sono venuta a Genova a farlo, c’erano cento persone, a Savona se ne sono aggiunte altre centoventi. Ma ci tornerò presto, basta trovare il posto giusto…”

 

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