UN CLAMOROSO FALLIMENTO CON MOLTI COLPEVOLI

Evani, sampdoria
Neppure i playout ha conquistato la Samp, precipitata direttamente in serie C a braccetto con Cittadella e Cosenza. L’epilogo amaro, al termine della giornata numero 38 della cadetteria, è maturato anche per via di certi risultati registrati su altri campi. Roboante il successo del Frosinone col Sassuolo, che si unisce all’impresa corsara della Salernitana in terra veneta e alla vittoria del Brescia sulla Reggiana. Ma questi eventi, peraltro prevedibili in un finale di campionato, sono stati solo la causa secondaria di un fallimento sportivo autonomamente prodotto.
I blucerchiati sapevano di doversi imporre a prescindere sul terreno in sintetico campano, ma la loro ultima prestazione stagionale è stata perfettamente in linea con decine di prove precedenti. Si sperava in una squadra col sangue agli occhi, rabbiosamente protesa al successo, ma le risultanze sono state ben differenti.
Mister Evani, rispetto al vittorioso match sulla Salernitana, ha rilanciato Ioannou – assente da mesi – a sinistra e Yepes in mezzo al campo al posto di Meulensteen. In avanti ancora disco rosso per Coda e spazio soltanto a Niang, che sfondatore non è mai stato. Una scelta perlomeno discutibile.
Il primo tempo si è snodato senza particolari sussulti. Si ricorda solo verso il riposo un tentativo non irresistibile di Depaoli assorbito in due tempi dal portiere locale. Null’altro da segnalare, ma forse i ragazzi di Evani erano ancora speranzosi che il pareggio potesse perlomeno proiettarli ai playout e non hanno spinto sull’alleratore.
La ripresa si apriva con Coda al posto dell’abulico Oudin, ma la gara non è mai decollata realmente. I gialloblù, paghi del pareggio, che li manteneva al quinto posto, non sono parsi animati dal sacro fuoco limitandosi a qualche scorreria oltre la metà campo. Era la Samp, in teoria, a dover forzare il ritmo, ma ha interpretato il ruolo senza un briciolo di convinzione e di furore agonistico. All’ora di gioco, ecco Akinsanmiro per Sibilli, altro elemento abulico, ma senza sostanziali cambiamenti. Ci ha provato Coda con una girata, ma senza sufficiente potenza. Al 76′ palla gol ghiotta per Niang, che al momento di calciare perdeva il controllo della sfera e un difensore allontanava. Il franco senegalese era attivo ma pasticcione e all’82’ ha praticamente condannato il Doria alla retrocessione concludendo centralmente e debolmente un rigore in movimento, favorito dalle marcature lasche dei padroni di casa. Avrebbe avuto tempo e modo per sfondare la rete.
Un paio di altri cross hanno attraversato l’area campana, tra un lancio lungo e l’altro dalle retrovie alla ricerca di una sponda amica: tutto vano. E non si può sostenere che la Juve Stabia si sia battuta leoninamente: per quasi mezza gara ha solo badato a spezzare le sterili manovre blucerchiate riuscendoci quasi senza dover sudare.
Al triplice fischio dell’ottimo arbitro Colombo, qualche giocatore non ha trattenuto le lacrime e altri sono rimasti stesi a terra affranti. Nel contempo, la dirigenza invitava la squadra sotto la fetta di tribuna popolata dai trasfertisti doriani, che dopo aver indirizzato verso gli atleti ogni forma di meritatissimo epitetoto, hanno ripiegato le bandiere dirigendosi verso l’uscita.
Un fallimento sotto ogni aspetto, che chiama in causa priuncipalmente una dirigenza incompetente e anche presuntuosa, ma anche quattro allenatori e una trentina di giocatori che avrebbero dovuto dominare il campionato e invece hanno affossato con il loro atteggiamento le speranze di una tifoseria che rappresenta l’unica parte innocente del mondo Samp.
E ora, più che le conseguenze di carattere sportivo (la terza serie è un purgatorio già frequentato da parecchi sodalizi più blasonati), preoccupano quelle economiche e gestionali: la retrocessione è un pazzesco bagno di sangue.
Pierluigi Gambino