Con Badelj e la difesa a quattro è un Genoa che corre e vince

Ci ha preso gusto, il Genoa, a spezzare la marcia felice delle avversarie. Frosinone e Sudtirol avevano interrotto a Marassila loro serie d’oro e anche il Palermo, reduce da nove risultati utili consecutivi, ci ha lasciato le penne.

Dopo due prove alquanto incolori, Gilardino in settimana deve averle cantate ai suoi ragazzi, tornati in campo assatanati e finalmente vogliosi non solo di proteggersi ma anche di creare pericoli agli antagonisti.

Trascorsi dieci minuti iniziali in tutto simili ai 180 precedenti, il Grifo ha mutato improvvisamente atteggiamento, come se avesse inserito un’altra marcia al proprio motore.

Solo lavaggio del cervello da parte del trainer? No, anche scelte finalmente azzeccate a livello di formazione e, soprattutto, di modulo. C’è un Genoa con Badelj e uno senza, e il primo si lascia ampiamente preferire: il croato illumina, a patto che i compagni si propongano, e stavolta anche la manovra sulle fasce è scorsa liscia, in specie sul versante di Hefti (ammonito e in squalifica, unica nota amara della serata) si è dannato avanti e indré con inedita autorità.

Nella metamorfosi genoana si è avvertito soprattutto il ritorno – forse indotto dall’emergenza infortuni, ma che importa? – alla difesa a quattro, che ha consentito al gioco d’attacco di guadagnare un uomo. Anche l’innesto di Sturaro, accolto inizialmente da diffuse perplessità, si è rivelato provvidenziale.

E’ stato però Gudmundsson, un folletto imprendibile, a fare la differenza, Dapprima si è visto respingere sulla linea un tiro a colpo sicuro, poi ha spezzato l’equilibrio con un tocco da biliardo (palla ad accarezzare il palo interno e poi a spegnersi in fondo al sacco). Ma non è finita. In avvio di ripresa, ha fatto il bis, vanificato da un millimetrico offside di Coda e verso il finale ha scosso la traversa con un’altra conclusione delle sue. Ecco che indicarlo come migliore in campo è stato automatico.

Tutto il Genoa, però, è parso convincente: anche chi come Coda (sempre involuto), Aramu (a corrente alternata) e Frendrup (stanco e bisognoso di riposare, ma indispensabile) si è battuto leoninamente. La vera novità di quest’anticipo è il dinamismo, la capacità di corsa, la predisposizione ad rispondere per le rime ai ritmi elevati imposti da un Palermo che a centrocampo rigurgita di piedi educati ed ha nel dna il contropiede manovrato. I siciliani hanno prodotto, prima del riposo, almeno tre insidie alla porta di Martinez che, dal canto suo, si è guadagnato un voto altissimo nella sola occasione da gol creato dai rosanero nella ripresa: formidabile il riflesso dello spagnolo sul tocco ravvicinato di Soleri.

I rossoblù hanno accettato la sfida a tutto campo, all’insegna del “darle e prenderle” senza arroccarsi in retroguardia. Li ha indubbiamente favoriti la condotta dell’undici di Corini, che non ha resistito alla tentazione di giocarsela, cadendo nel tranello di una rivale più navigata e sorniona. Se non opponi loro la Maginot, Bani e compagni si esaltano e iniziano ad azionare contropiedi a ripetizione. Qualche errore di troppo nell’ultimo passaggio ha rovinato certe apprezzabili trame in velocità, ma già averle sciorinate, dopo il buio delle gare precedenti, è da apprezzare. Così, alla resa dei conti, è andato il team di casa più vicino al raddoppio che l’undici isolano al pareggio e per nulla immeritato è pure giunto, quando l’arbitro Marinelli stava per fischiare la fine, il sigillo di Jagiello, appena entrato, su assist di Puscas, che aveva rimpiazzato al 73′ con piglio deciso lo sfinito Coda. Sì perchè anche i cambi in corsa hanno contribuito alla resurrezione genoana: Dragusper Aramu e Strootman per Sturaro. A conferma che per primeggiare in questa combattuta cadetteria servono pure rimpiazzi all’altezza.

                            PIERLUIGI GAMBINO

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