Genoa: Nick, piede caldo

caricoladi Beppe Nuti – Il tifoso genoano è diverso da ogni altro, il suo amore per i colori della maglia vanno aldilà di ogni cosa, il suo è qualcosa di viscerale, un cordone ombelicale che non si può separare in alcun modo. Genoani si nasce, non si diventa, quante volte è stato detto. Il genoano ha avuto modo di gioire, nel corso della sua lunga storia ultrasecolare, ma ha anche conosciuto l’amaro calice della sconfitta, delle delusioni, dell’amarezza di passare da squadra blasonata che vinceva scudetti, dando spettacolo nella massima serie, con i suoi campioni, alla Serie C e, non soltanto una volta, ma il genoano ha saputo superare ogni ostacolo, come i suoi avi che solcavano i mari più tempestosi con grande coraggio.

La tifoseria rossoblu non è mai mancata nel sostenere il “Vecchio balordo”, Giuanin Brera amava questo popolo e scriveva con la sua 22 lettere pagine gloriose sul Genoa, Scoglio ne era innamorato, tanto da dire: “morirò parlando di Genoa”. Usando un paradosso, il vero genoano non si pone mai la domanda, quando va allo stadio, chi dovrà affrontare, ma pensa soltanto che sta andando a vedere il suo Genoa. Ricordate il refrain… in nave, in moto o in treno, la tifoseria lo ha sempre seguito in massa. Insomma il Genoa è il Genoa, l’eterno passaggio di consegna tra padre e figlio, da quel 7 settembre 1893.

Il vecchio Grifone ha saputo compiere grandi imprese e, quella vissuta da me in prima persona da cronista e raccontato e documentato è senz’altro la meravigliosa cavalcata in Coppa UEFA, capitanata dal “mago della Bovisa”, Osvaldo Bagnoli e quel gruppo di ragazzi che hanno compiuto una splendida impresa, interrotta soltanto nei titoli di coda dai Lancieri di Amsterdam, in una piovosa giornata di primavera nel vecchio stadio olandese che oggi non esiste più.

IMG-20160322-WA0009Quel Genoa fece la sua marcia trionfale eliminando nell’ordine gli spagnoli dell’Oviedo, i rumeni della Dinamo di Bucuresti, prima, e della Steaua poi, ma l’impresa, quella che non si può dimenticare, è la notte di Liverpool, quando quel gruppo di ragazzi, trascinati dal loro grande capitano Gianluca Signorini, espugnarono l’Anfield Road battendo i Reds di Graeme Souness, con una magica doppietta del Pato Aguilera. Quella fu la prima volta che una squadra italiana espugnava un campo in terra d’Albione. Ricordo le lacrime di gioia, gli abbracci, il pensiero lontano a chi non c’era dell’intera Gradinata Nord trasferitasi in Inghilterra, ma ho ancora negli occhi e nelle orecchie, il lungo applauso della “Kop”, la gradinata dei Reds, che al termine della partita, lungamente e sportivamente, si alzò in piedi per applaudire il vecchio Grifone.

Di quel Genoa e di quella impresa abbiamo parlato spesso e nel corso di questi anni, abbiamo fatto la biografia di tutti quegli interpreti, ma per chiudere il ciclo, è giusto ricordare un giocatore giramondo, che fece parte di questa avventura, Nicola “Nick” Caricola. Era arrivato dalla Juventus dopo aver vinto due scudetti, la Coppa dei Campioni, la Coppa Intercontinentale, la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea, ma la cosa bella da evidenziare, è che il forte difensore lasciò i bianconeri per scendere di categoria e giocare nel Genoa, era il 1987. Centrale elegante e con grande senso dell’anticipo, va a formare con Signorini, una delle migliori coppie difensive rossoblu. Nick, con la maglia del Genoa gioca 132 partite, tra Serie A e B, segnando anche 6 reti. 7 stagioni che ne hanno fatto uno dei giocatori più rappresentativi e carismatici di quel Genoa che conquisterà il quarto posto.

Barese, classe ’63, Nicola cresce nel Bari di Catuzzi, un maestro nel valorizzare i giovani, dove giocò per 2 stagioni prima di approdare nell’83 alla Juventus per 4 stagioni. Primo di 6 fratelli e, figlio di genitori di umili origini, ma di sani e severi principi, sotto la guida paterna inizia la sua carriera a soli 9 anni in una squadretta, il Treggiano, dell’interland barese. Il suo ruolo è quello di centroavanti. E’ un professore di educazione fisica ad impartirgli i primi insegnamenti: passaggi, tiri destro e sinistro, finte, dribbling e colpi di testa. A 13 anni, come dicevamo, è al Bari dove trova Catuzzi che lo trasforma, con il trascorrere del tempo, in difensore pensando che le doti di quel giovane promettente, si adattassero più al marcamento di un attaccante, che non a segnare goal e, il Mister dei “Galletti”, vide lontano, perché questo ragazzo di strada ne farà molta, e con grande classe.

Nell’ 83, si realizza il sogno di passare alla Juventus e i primi complimenti arrivano da Boniperti dopo il suo debutto nel Mundialito. Caricola è stato un vincente in ogni squadra dove ha giocato e dove ha saputo imporsi per il suo carattere. Tecnicamente molto dotato, si muoveva in campo sempre a testa alta, quasi fosse un playmaker basso, bravo con ambedue i piedi, era rapido pur essendo un longilineo. Caricola ha vinto tanto, ma non potrà mai dimenticare le 7 stagioni passate al Genoa, dove ha conosciuto la vera gloria, diventandone una bandiera. Nel 1996 emigra negli USA, per giocare nel New York Metrostars e l’anno dopo chiuderà col calcio giocato. Per i tifosi rossoblu, Nick resterà per sempre uno degli eroi di Liverpool.

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