Il Genoa è deciso a battere la Juve e la rassegnazione

Alexsander Blessin (foto Tanopress)

Resta l’aritmetica, un filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi al primo refolo di vento. Non servono studi specifici per capire che al Grifone servono nove punti in tre partite per tagliare (forse) il nastro della salvezza. Se ne arrivassero sette, sarebbe inesorabile bocciatura, a meno di una serie incredibile di risultati favorevoli sugli altri campi. Insomma, Blessin e i suoi vanno a caccia di un miracolo senza precedenti, poiché si è già verificato un risveglio perentorio di qualche squadra nei turni conclusivi, ma mai con appena tre vittorie all’attivo nei 35 precedenti turni di campionato.

Anche il fattore mentale avrà parecchia incidenza. Dopo il colpo d’ascia incassato nella stracittadina, riuscirà la truppa genoana a buttarsi a capofitto sul mach senza alcuna remora? “Finché la matematica non ci condanna…”: frase fatta, usualissima in certi contesti. D’altronde, cos’altro avrebbero potuto dichiarare i rossoblù di diverso? La montagna da valicare però è spaventosa: nienetepopodimeno che la Vecchia Signora, rigurgitante di campioni onesti di gloria. I loro stimoli, però, non sono al culmine, visto che nella lotteria stagionale il solo traguardo ancora abbordabile è il sorpasso in extremis sul Napoli per una terza piazza finale lontanissima dagli obiettivi di agosto.

Ben più stuzzicante è la conquista della Coppa Italia, il cui ultimo atto è in programma mercoledì prossimo. Inevitabile che i pensieri siano rivolti alla finalissima con l’Inter più che al match col Genoa, sulla carta da assolvere con il massimo risparmio di energie e restando attentissimi a non allungare la già cospicua lista di infortunati.

La differenza di valori però resta abissale anche in presenza di un mini turnover da parte di mister Allegri, che appare tentato dal proporre ugualmente in contemporanea bocche da fuoco del calibro di Vlahovic, Dybala e Morata (o Kean), difensori collaudati come Bonucci (goleador improvvisato nel recente successo sul Venezia) e Alex Sandro e un centrocampo comunque accettabile.

Francamente, immaginare un Grifone imperioso e vincente contro questa corazzata è improbo anche tenendo conto al massimo dei differenti stimoli. Di sicuro la truppa genoana ha il traguardo – che è anche un dovere – di addolcire ai propri supporters la pillola amara del derby perso in quel modo e di una retrocessione ormai incombente. E’un discorso più morale che pratico, ma nel calcio, fondato anche sui sentimenti, ha la sua importanza.

Blessin ha capito sulla propria pelle che un Genoa garibaldino, proteso all’attacco, va a sbattere, sicchè probabilmente sceglierà qualche elemento più adatto alla copertura. In difesa regna l’incertezza sulle fasce. A sinistra Mimmo Criscito, dopo il rigore fallito, potrebbe chiedere al mister un’altra chance, che difficilmente gli verrebbe negata: altrimenti, spazio ancora a Vasquez. A destra Frendrup ha palesato qualche distrazione di troppo in fase di filtro: ecco perché un ritorno di Hefti non va affatto escluso.

A centrocampo, assente l’infortunato Sturaro (ex di turno), si giocano una maglia lo stesso Frendrup e Galdames, con Badelj a guidare le operazioni. Il reparto mezze punte – stante l’insistenza del tedesco a proporre il 4-2-3-1 – potrebbe subire qualche modificA rispetto al derby: certo l’impiego di Amiri, che resta l’unico genoano dai piedi educati, e presumibile quello di un altro ex, Portanova, mentre la restante casacca è in palio tra Galdames, Melegoni, Gundmundsson ed Ekuban, che per precise caratteristiche appare il favorito.

La speranza è di strappare il punto, cosiccome accaduto contro Roma, Atalanta e Inter. Pretendere di più da una sfida così impari figura come un pur legittimo peccato di presunzione.

                 PIERLUIGI GAMBINO

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