Il Genoa si è ritrovato, ma quei sei minuti di recupero…

Un pessimo indizio, questa vittoria che sfugge all’ultimo palpito. Successo forse non meritato, ma lo sentivi già in tasca, anche se quel pallone che qualche minuto prima Destro aveva sbattuto sul portiere viola in uscita era un tristissimo presagio.

La Fiorentina ha raddirizzato il proprio destino al 97′: quel minuto in più di recupero concesso dall’arbitro Doveri ci poteva stare, un po’ per l’ingresso in campo di Kouamé già in tempo di recupero ed un po’ per qualche perdita di tempo. Non ci stavano, però, i 6 minuti di overtime, ed è automatico pensare che il direttore di gara abbia allungato il match per pulirsi la coscienza dopo aver annullato il gol di Bonaventura sullo 0-0: decisione esatta, intendiamoci, ma quanti sarebbero tornati indietro di quasi mezzo minuto per scorgere il fallo dell’ex milanista ai danni di Lerager?

Il pareggio non è un oltraggio alla logica, poiché la Fiorentina, pur nella sua assoluta pochezza, non aveva giocato peggio del Grifone e nella ripresa, per una buona mezz’ora, aveva imprigionato i rossoblù nella loro area, ma fa ugualmente rabbia sciupare certe opportunità, pur insperate.

Il vantaggio genoano, maturato verso il finale, è stato frutto di due scelte che mister Maran avrebbe dovuto operarere con ampio anticipo: dentro l’ex Pjaca, autore dell’applaudito spunto vincente, e Destro, che – fatto salvo l’errore fatale costat il raddoppio – aveva contribuito a rendere finalmente insidiose le ripartenze ospiti.

Shomurodov e Scamacca, sui quali convergevano le speranze dei tifosi, la stavano facendo da spettatori: il romano mostrando un’indolenza ingiustificabile data l’importanza della contesa e l’uzbeko sbagliando qualsiasi tipo di esecuzione. Ad entrambi non si chiedevano mirabilia, ma almeno di tener palla, in specie dopo l’intervallo: sono stati nulli. Se non altro, nel primo tempo Scamacca aveva creato un paio di spunti degni di nota, senz’altro più insidiosi di quelli, sterili, degli attaccanti toscani, ma si è trattato di fiammate.

Avrebbero invece strameritato il successo i difensori genoani ed anche i centrocampisti che, pur in angustie quando si trattava di impostare, hanno interpretato alla grande la fase difensiva. Qualche tremolio in più si è avvertito dopo l’uscita di Zapata per guaio muscolare (l’ennesimo di quest’annata rossoblù, tanto da rendere attuale qualche riflessione sulla preparazione atletica della squadra), ma nessun brivido particolare. Il Genoa ha interpretato fedelmente la gara che aveva impostato Maran: modulo 4-1-3-1, con Radovanovic a fare schermo davanti alla difesa e due marcatori puri, Masiello e Goldaniga, sulle fasce esterne. Una gara di estremo sacrificio, condotta con l’atteggiamento prudenziale che doveva caratterizzare un team reduce da quattro sconfitte e guidato da un allenatore che sentiva la propria panca traballare.

Il match del Franchi, tra due formazioni malate gravi, ha detto che la Fiorentina, pur ricca di talenti strapagati, è malmessa anche più del Genoa, essendosi già bruciata il bonus del cambio di allenatore. Senza il pari di Milenkovic, saremmo qui a parlare di una seconda probabile retrocedenda, la Viola. I rossoblù hanno scongiurato la definitiva caduta agl’inferi pur senza allontanare le nubi nere presenti da quache settimana. Il pregevole gol di Pjaca è un inno alla speranza, unito alla tenuta difensiva globale. Anche se un gioco qualitativamente apprezzabile rimane una pia illusione, ma la sfida di ieri notte era la meno indicata per attendersi progressi su questo fronte. Dopo la beffa del 97′, il bicchiere appare mezzo vuoto, ma basta già la presenza di… liquido per sentirsi addosso la fiducia necessaria ad affrontare due consecutive scalate di sesto grado, contro i campioni d’Italia e i primi della classe.

                         PIERLUIGI GAMBINO

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