In Sala – “Un altro giro” di Thomas Vinterberg

Martin, Nicolaj, Peter e Tommy sono mediocri insegnanti di liceo danesi. La noiosa vita dei protagonisti cambia quasi per gioco, una sera a cena, quando l’insegnante di psicologia Nicolaj espone agli amici la teoria dello psichiatra Finn Skarderud, secondo cui gli esseri umani nascono con un deficit alcolico dello 0.05% nel sangue. La provocazione viene colta da Martin (Mads Mikkelsen), che da’ il via alla sperimentazione sul campo, riscontrando prima i lati positivi della “cura”, e poi inevitabilmente, il rovescio della medaglia. Vincitore dell’Oscar per opera straniera, “Un altro giro” è un film profondamente dolceamaro, capace di far ridere di gusto, di emozionare grazie alle folate di allegria e gioia di vivere che l’alcol porta alla vita dei protagonisti, ma anche di comunicare profonda solitudine, delusione, il crescente degrado della condizione dei quattro amici. Da una parte dunque si tratta di “un inno” all’alcol, alla spensieratezza, alla perdita di controllo (come illustrato magnificamente dalla scena finale), dall’altro smaschera le ferite famigliari, la solitudine, la tendenza nordica ad alzare troppo il gomito, tra grandi e piccini. Il film è veramente ben scritto (il tempo vola, letteralmente), con scene solide, divertenti, assolutamente centrate in ogni momento della narrazione, ben recitato, vista anche l’estrema difficoltà nell’interpretare personaggi a diversi “stadi” di ubriachezza (tra l’altro il regista in una recente intervista non ha smentito la voce secondo la quale gli attori avrebbero alzato un po’ il gomito per entrare nel personaggio), diretto magistralmente, con un ritmo che sa essere riflessivo senza mai sfociare nel noioso, evocativo (per davvero), profondamente consapevole dei propri mezzi, quindi perfettamente misurato. Vinterberg ha dichiarato di avere il progetto nel cassetto dal 2013, ma di aver rimandato per paura che si trattasse di un azzardo esagerato; poi, sostenuto anche dalla figlia Ilda, con la quale ha discusso a lungo la sceneggiatura e che avrebbe dovuto interpretare un ruolo nella pellicola, ha deciso di investire nell’idea e di tornare a lavorare con Mikkelsen a otto anni da “The Hunt- Il sospetto”. Tragicamente la seconda settimana di riprese Ilda è morta in un incidente d’auto e Vinterberg si è assentato dalla lavorazione per un periodo, lasciando le redini in mano all’aiuto-regia, per poi tornare e dedicare l’opera alla figlia, rendendo omaggio alla sua vita con un grandissimo film. Bello e triste, profondamente nordico, l’ultima fatica del regista di “Festen- Feste in famiglia”, è un’opera da non perdere, un manuale di grande narrazione, di semplicità filmica, della qualità che (per fortuna) continua ad abitare l’Europa cinematografara.

Pietro Demartini

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