Laura Rossetti: “Da bambina non volevo fare la cantante ma la giornalista sportiva” – Intervista
La conduttrice del fortunato programma tv “Quelli che la Samp” in onda su Antenna Blu (canale 16) tutti i mercoledì alle 21:00, si racconta alle pagine de “Il Pubblicista” in una lunga intervista. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Partiamo con una domanda che nessuno fa mai, ma che invece andrebbe fatta. Come stai?
L.R. : Bene (ride), ho la testa tanto impegnata e se non lo sono vado in crisi.
Perchè?
L.R. : Perchè fondamentalmente sono una ansiosa. Tutto quello che faccio, cerco di farlo al meglio possibile e quindi vivo in perenne ansia che ci sia qualcosa che non fili liscio. Però allo stesso tempo se ho poche cose da fare, la mente va nei pensieri negativi e nelle paure e adesso che sono impegnata non ho tempo di pensare alle brutte cose.
Pensa che avrei detto il contrario su di te. La prima impressione che dai è quella di una donna forte e sempre “sul pezzo”.
L.R. : Professionalmente si, perchè ho troppo bisogno che tutto sia fatto bene. Nella vita privata invece sono una balorda! Mi sembra sempre di avere 21 anni e vado in giro vestita come una ragazzina di 15.

E da bambina invece come eri?
L.R. : Un maschiaccio! Da ragazzina, parlo di quando avevo dieci o dodici anni, non volevo fare la cantante, non volevo fare la ballerina, non volevo fare la modella, ma volevo fare la giornalista sportiva! A casa mia il calcio è un istituzione e quando avevo sette anni, capivo se la Sampdoria aveva vinto o perso dall’umore di mio padre che stava ore e ore al telefono con il suo amico. A quattro/cinque anni invece chiedevo già di andare allo stadio e la mia prima partita l’ho vista quando ne avevo sei. E’ stato un percorso naturale, nonostante mio padre non mi abbia mai imposto di andare allo stadio o essere a tutti i costi sampdoriana. Una volta al liceo, in una assemblea d’istituto in prima superiore ho chiamato due dei giornalisti genovesi più famosi dell’epoca e avevano accettato con molto entusiasmo. Erano Sessarego e Sirianni. Le altre ragazzine erano in bagno a truccarsi mentre io li ascoltavo estasiata.

Qual’è il tuo più grande ricordo sampdoriano?
L.R. : E’ una grande domanda. La Samp per me non è uno sport: è una ragione di vita! Un qualcosa di famiglia. Oltre mia madre e mio padre entrambi sampdorianissimi, avevo mio zio che era tifoso dell’Andrea Doria. Io invece andavo a vedermi le partite al bar: c’ero io e gli anziani del paese (ride). Un altro momento che non mi posso dimenticare è stato la morte di Paolo Mantovani. Ricordo ancora quando ho letto la notizia sul “Mercantile”.
Se ti dico “scudetto”, che cosa mi dici?
L.R. : (ride) Il giorno della vittoria dello scudetto, mio papà mi ha lasciata a casa e mi ha portata a casa della mia migliore amica a giocare anzichè allo stadio, ma io avevo capito che poteva essere un evento unico e vedendo alla televisione un collegamento con Marassi capii immediatamente che non ce l’avrei mai potuta fare e ci andai lo stesso grazie all’aiuto di mio zio. Subito dopo la fine della partita mio papà mi ha vista mentre ero in macchina mezzo fuori dal finestrino con la sciarpa al collo e pensava di avere le allucinazioni.

Parliamo di “Quelli che la Samp”. Ti aspettavi questi numeri?
L.R. : Sinceramente no. Quando mi hanno proposto di condurre il programma, ero molto titubante e non ero sicura di essere realmente in grado. Poi, grazie ad un buon team che lavora con me e gli insegnamenti di alcune persone che purtroppo o per fortuna non fanno più parte della mia vita, le cose sono andate bene e sono sicura che chi vede la nostra trasmissione può percepire la vera passione.
Ci sono tanti cambiamenti rispetto all’anno scorso…
L.R. : Esatto. Abbiamo cercato di rinnovare e di portare in tv contenuti di qualità nonostante fondamentalmente “Quelli che la Samp” sia una trasmissione leggera da un certo punto di vista nella quale ci sono anche momenti in cui si ride e si scherza. E’ una trasmissione fatta da persone che vivono la Samp a 360°.

Cosa ti auguri per il futuro?
L.R. : Salute per me e per i miei cari. Senza quella non fai nulla. Il resto viene da sè.