NON UNA SAMP BRILLANTISSIMA MA LE E’ MANCATO UN RIGORE

Non una Samp stellare, quella battuta dal Milan, ma sono parecchi, al termine di una partita asperrima, irta di spigoli, inframmezzata da mille interruzioni, i motivi di vivo rammarico.

Il Diavolo non è parso irresistibile, ma ha presto trovato il gol con un’accelerata sulla sinistra di Leao, l’assist di Giroud e la stoccata vincente di Messias, favorito da una mezza papera di Audero. Quel pallone calciato poco più tardi da un vivacissimo Djuricic contro la sbarra era il segnale di una serata dispari, anche se nel prosieguo del primo tempo la banda di Giampaolo non riuscirà mai a trovare il bandolo della matassa. Il raddoppio rossonero firmata da De Kateleare (ancora con la complicità del numero uno rivale) e vanificato dal Var, capace di pescare un fuorigioco attivo di Guiroud ad inizio azione, era seguito da almeno altre tre nitide occasioni da gol degli ospiti, sfumate per un nonnulla.

La Samp non è parsa brillantissima e ha sofferto la superiorità di un Milan cui bastava procedere al piccolo trotto, come se intendesse risparmiare energie in vista del secondo impegno di Champions. Soprattutto, tra i padroni di casa, spiccava la latitanza di un impalpabile Villar, preferito a Vieira in cabina di regìa, ma neppure i suoi compgni apparivano in preda al sacro fuoco.

All’intervallo, essere rimasti in partita era già una conquista importante, rafforzata ad inizio ripresa dal secondo cartellino giallo di un autolesionista Leao. Nessun merito, neppure indiretto, dei doriani, ma quella superiorità numerica caduta nel piatto andava sfruttata a dovere. Noioso, prevedibile, il titoc-titoc blucerchiato senza un cambio di ritmo, tale da infastidire una avversario con l’handicap. Il pari comunque giungeva ugualmente, su trama collettiva di ottima fattura rifinita dal cross corto di Augello pro di Djuricic, appostato sul secondo palo.

In teoria, sulle ali dell’entusismo, la Samp avrebbe potuto spingere sull’acceleratore, e invece è stato il Milan, pungolato dalle difficoltà impreviste, a reagire con carattere. Dopo un tentativo di Hernandez sventato a Audero, ecco il Var tornare protagonista scorgendo una manata galeotta in piena area di Villar su testata di Giroud: penalty e nuovo vantaggio meneghino. Mancava ancora un quarto di gara (più recupero), ed ecco Giampaolo iniziare la sarabanda dei cambi dapprima inserendo Gabbiadini e poi Verre e Quagliarella. Il match diventava territorialmente  un monologo, ma la cadenza dei doriani non cresceva minimamente: troppi passaggetti orizzontali, nessuna forzatura degna di nota che potesse inguaiare una squadra orma protesa solo a difendere. 

Ma due episodi focali si registravano ugualmente. Il primo, ad un quarto d’ora dal termine, quando Kjaer travolgeva nei sedici metri rossoneri Sabiri: penalty grande con un grattacielo, sul quale il signor Fabbri decideva di sorvolare, quasi dovesse restituire qualcosa al Diavolo o, più verosimilmente, proteggere il successo rossonero. L’altro schiaffo del destino accadeva a due passi da Maignan, reattivo nel respingere due conclusioni a botta sicura del vivacissimo Gabbiadini intervallate da un tocco di Verre respinto dal montante.

L’infinito recupero, accesissimo e infiorato da botte, perdite di tempo e qualche sceneggiata, ha ulteriormente incattivito e imbruttito una gara che mai aveva toccato elevati livelli di spettacolo.

La Samp può recriminare su almeno un paio di episodi jellati e su una grave omissione dell’arbitro, ma ha pure ribadito certe carenze preoccupanti. La difesa, priva di Colley, ha patito parecchio ogni qualvolta il Milan spingeva e il centrocampo ha espresso costantemente un giro palla di estrema lentezza e prevedibilità: un segno di impotenza che negli altri match con le “grandi” – al di là dell’esito finale – non si era evidenziato così nitidamente. In tema di gioco non è uno scandalo l’impresa corsara del Milan, ma non lo sarebbe stato neppure un risultato di parità. I blucerchiati non hanno tradito come a Salerno e Verona, ma non sempre hanno saputo interpretare la gara con il sangue agli occhi. Nessuna bocciatura secca e nessun segnale di perentorio risveglio. Rimane il dispetto per quei momenti di scalogna, ma contro le pari grado – a cominciare dall’imminente derby al Picco – occorre una scossa decisa.

                             PIERLUIGI GAMBINO

                               

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