ORDINE, AUTOREVOLEZZA, TENUTA DIFENSIVA ECCO LA METAMORFOSI FIRMATA GILARDINO

Quatto quatto, senza proclami, Alberto Glardino sta guarendo il Genoa a suon di iniezioni di razionalità, equilibrio e psicologia assortita. In tre partite, il tecnico biellese, sempre meno precario, ha rispettato pienamente la media inglese, facendosi beffe per due volte del tabù marassino che frenava le ambizioni della piazza rossoblù. Per sovrammercato, con lui al timone il Grifo mantiene la propria porta intonsa, e non è un particolare da nulla.

Il Frosinone capolista fuggitivo incassa al Ferraris la quarta sconfitta stagionale, dieci turni dopo la prima, e non si tratta di un furto: tutt’altro. Se il tempo iniziale avrebbe legittimato un parziale di parità, il Genoa ha legittimato il successo nella ripresa con una prestazione difensiva eccellente.

Equilibrato l’avvio del match, con un’occasione discreta per gli ospiti, mentre i rossoblù faticavano a sviluppare trame pericolose. L’episodio decisivo è avvenuto a metà tempo, e ha rappresentato una svolta epocale. Mai Strootman e compagni erano andati in gol sugli sviluppi di un calcio d’angolo: perfetta l’esecuzione di Aramu, puntuale la spizzata di Bani verso il secondo palo, dove Gudmundsson gli ha rubato la segnatura con un tocco sulla linea.

Già in precedenza un corner aveva portato scompiglio nella difesa ciociara, che dopo l’1-0 combinava un frittatone: altro tiro dalla bandierina del sardo, deviazione maldestra di Mazzitelli e traversa piena. Il 2-0 sarebbe stato premio esagerato per un Genoa attento e ordinato ma non certo irresistibile. Tra le sue qualità contingenti, però, è emersa soprattutto la capacità di soffrire: in due circostanze i frusinati hanno calciato a botta sicura, trovando sempre un gendarme rossoblùpronto ad immolarsi.

Dopo il riposo si preconizzava una prima della classe assatanata ed invece è affiorata tutta l’autorevolezza di un Genoa capace di recuperare palla nella metà campo avversaria e lì conservarne il possesso, concedendo agli ospiti solo qualche effimera sfuriata, ma senza che il portiere Semper abbia dovuto compiere un solo intervento. Rispetto ad un mese fa, almeno come organizzazione tattica, si è ammirata un’altra squadra, in grado di combattere su ogni pallone e di chiudere ogni linea di passaggio. Un undici maturo, quello rossoblù, con uno Strootman puntuale nel comandare il gioco, un Frendrup inesauribile e dei difensori centrali rocciosi.

E’ mancato il guizzo necessario per chiudere anzitempo il match. Un difetto dovuto in primis alla fase involutiva di un Coda latitante dal principio sino all’inevitabile sostituzione con Puscas, dimostratosi più volitivo e “presente”. Pure Gudmundsson – l’anarchia applicata al calcio –  ha latitato e la zampata decisiva non basta a promuoverlo. In compenso, sono netti i progressi manifestati da Aramu che, dopo aver inciso inizialmente dalla bandierina, nel secondo tempo si è piazzato stabilmente sull’out di destra e ha iniziato a guadagnarsi un fallo dopo l’altro con i suoi dribbling ubriacanti: finalmente si è visto all’opera quel giocatore che può fare la differenza.

Un Genoa perfettibile – vale ripeterlo – ma sistemato in campo con intelligenza e rivitalizzato a livello mentale. Vero che il Frosinone, diversamente da chi lo ha preceduto al Ferraris, ha accettato subito di giocarsela, rinunciando a fare le barricate, ma i passi avanti palesati dai rossoblù prescindono dall’atteggiamento dell’antagonista e spalancano nuovi orizzonti, da confermare a Bari nell’ultimo impegno del 2022.

Intanto, i risultati delle altre gare hanno permesso ai ragazzi del Gila di guadagnare terreno rispetto a tutte le concorrenti, fermate sul pari o addirittura battute. Non è il caso di alzare la voce, ma l’inversione di tendenza è innegabile, e pazienza se i rimpianti per aver ritardato l’addio a Blessin crescono…

                                                  PIERLUIGI GAMBINO

                                               

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