Un Genoa ingenuo e senza gioco, in Calabria nulla da salvare

Quel Blessin impietrito come una statua dal primo al novantesimo è stata l’immagine più nitida del Genoa visto all’opera al Granillo. Senza nerbo, senza idee, senza gioco, i rossoblù escono fortemente ridimensionati dalla trasferta a Reggio Calabria, che faceva seguito – non dimentichiamolo – allo sciapo pareggio interno col Brescia.

La Reggina ha fortissimamente voluto questa vittoria ed è parsa una squadra perfettamente calato nel clima della cadetteria. Il Grifone, invece, ha mostrato il volto peggiore di sé e, trovatosi la seconda volta in svantaggio, non ha mai offerto l’impressione di poter rimontare.

Blessin è caduto nella trappola tesagli dal fratello d’arte, che ha piazzato la sua squadra nella propria metà campo, pronta però a distendersi in contropiede. Macchinosa, prevedibile, lenta, la trama rossoblù non è mai approdata a nulla di concreto. Gli avversari correvano a velocità doppia, raddoppiavano su chiunque con ardore e abnegazione, ma senza essere passivi a palla riconquistata. Il gol del vantaggio, firmato da Canotto, ha messo a nudo i limiti di rapidità dei centrali genoani, infilzati senza remissione.

Pallida la reazione rossoblù, senza un lampo degno di nota sino all’episodio del pareggio, scaturito da un cross di Sabellitoccato da Gagliolo quel tanto da lanciare involontariamente Aramu verso il portiere. L’inzuccata di precisione del sardo sembrava la fine di un incubo ma non scuoteva minimamente un Genoa in totale confusione.

La seconda accelerata dei locali provocava un penalty figlio della lentezza e dell’ingenuità della coppia Bani-Sabelli, che strattonavano l’incursore Rivas con una doppia trattenuta sin troppo evidente. Semper, riconfermato tra i pali nonostante la guarigione di Martinez (la sola scelta felice di mister Alexander), è stato più fortunato che abile a respingere la conclusione centralissima di Menez. Neppure lo scampato pericolo, tuttavia, risvegliava un Grifone sin troppo placido, incapace di avvicinarsi al ritmo e alla rabbia agonistica mostrata dai calabresi, capaci di incidere come un coltello nel burro nell’insicura e mal protetta retroguardia ospite.

Il patatrac era autografato dal punto più debole del Grifo: Czyborra, inadeguato totalmente a certi contesti ma preferito a Hefti come sostituto di Pajac. Sul cross corto di Pierozzi, eccolo colpire il pallone con il braccio destro, non perfettamente aderente al corpo: non un penalty solare ma neppure inventato, sulla base di regole alquanto discutibili.

Correva il 54′ e c’era tutto il tempo per porre rimedio, ma il Genoa ha proseguito imperterrito nel “non gioco”, e a nulla sono approdati i cambi operati da Blessin: Portanova e Yalcin per Jagiello eYeboah all’ora di gioco, Hefti per Czyborra al 70′ (quando i buoi erano già scappati…), il redivivo Yeboah per Aramu all’82’. Puscas invece se n’è rimasto in panca, a rimuginare sulla palla gol sciupata col Brescia, ma il suo mancato impiego è l’ennesimo segnale del caos che frequenta la mente del tecnico di Stoccarda.

I critici benevoli sosterranno che la Reggina ha sfruttato da par suo le rare occasioni favorevoli costruite senza mai comandare la partita, ma la semina genoana – al di là di uno sterile titic-titoc – è stata di gran lunga inferiore e tale da non poter coltivare alcun rimpianto. Altro che ammazzare il campionato: il vero rammarico è che si fermi solo la serie A e non la cadetteria, poiché questo Genoa avrebbe bisogno di un tagliando accurato e, forse, di una nuova guida.

                                 PIERLUIGI GAMBINO

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